… la sindrome di Ted Mosby

Se sei d’accordo, potrei invitarti a casa mia. Va bene qualsiasi pretesto, dal caffè alla scopatina disinteressata. Sarebbe interessante leggere quale scusa inventeresti per rifiutare. Adoro l’imbarazzo che ha sempre caratterizzato le nostre interazioni.
Che dio ti liberi dalle persone come me, verso le quali sviluppi empatia. Non sono abbastanza sbagliato. Del resto, il nostro è un universo principalmente entropico, e senza disordine sarebbe stazionario. Che poi “stazionario” è un sinonimo carino di “noioso”, anche se credo che sia più appropriato “morto”.
Dunque è l’universo che detta la nostra costante distanza autoindotta, la totale necessità di vitalità non empatica.
Un poco come i momenti tristi, che se non li vivi non sai quanto sono belli quelli felici. E certo, forse è una teoria vagamente del Dioporco. Ma è scienza. Tutto ciò che è misurabile è scienza. Il dolore è misurabile. Il dolore si misura in bottiglie di birra.
Soffriamo della sindrome di Ted Mosby, del resto. Stiamo bene single. Ma solo perché quando non lo siamo frequentiamo la persona sbagliata.
Happy Birthday.

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